L’area oggetto del concorso è un brano di storia industriale rimasta quasi intonso nel tempo. Nella ex Alumix la qualità architettonica delle preesistenze obbliga ad un rispettoso confronto con esse. Si è pertanto scelto di svettare attraverso una figura poderosa e dominante, che pur tuttavia sembra staccarsi dal suolo ed andare contro le leggi fisiche della gravità. L’ingresso al complesso ex Alumix avviene attraverso il portale originario, a destra del quale uno degli edifici antichi ospita il Ristorante. Il “Black Monolith” si allunga sull’intero lotto come un vascello futuristico che rimanda all’idea di libertà e nel quale il ciclo produttivo dell’oggetto, pesantemente ancorato all’idea classica di “fabbrica”, si fa immateriale ed astratto e trova rifugio nella prua sospesa sull’esistente. Un’arca del “Nuovo”, quindi, della sperimentazione sottomessa alle continue richieste della produzione, della ricerca tecnica incagliata tra antichi edifici che, in un passato non troppo lontano, hanno avuto la medesima funzione. Esso appare come una sorta di Monolito di kubrickiana memoria riverso al suolo e quasi conficcato con veemenza tra le costruzioni esistenti. Ma l’edificio può essere letto anche come “Arca dell’Alleanza” tra uomo e tecnologia, tra tradizione ed innovazione, tra pragmatismo (officine) ed empirismo (laboratori), tra idealità dell’architettura e concretezza della produzione industriale del bene. Tali concetti si compiono tridimensionalmente in un edificio lineare e puro, essenziale e pulito, in un parallelepipedo nero tagliato all’estremità. La struttura implode in se stessa aprendosi alla luce esclusivamente attraverso le corti interne, completamente vetrate, il cui impalpabile tessuto penetra l’inflessibile resistenza del terreno; unica concessione verso l’esterno è data da sottili tagli praticati nella scura pelle in fibra di alluminio e schermati da una griglia compatta eppure trasparente, tale da non scalfire la densa solidità del Monolito. All’interno della centrale BZ1 la percezione dello spazio ed il suo uso si fanno tridimensionali: su di un elementare reticolo di travi e pilastri che costituiscono l’ossatura originaria sono stati appoggiati dei volumi puri ed impalpabili nella loro vitrea trasparenza, nitide teche per uffici collegate tra loro da leggere passerelle.
Pubblicato: NOI TechPark Bolzano, la fabbrica della ricerca, Electa, 2018