Nel 2012, Laura Tabarelli de Fatis ha venduto la casa all'imprenditore e collezionista d'arte Josef Dalle Nogare. Questi iniziò un accurato lavoro di restauro, nonostante l'edificio non fosse effettivamente sotto tutela. La riprogettazione è stata affidata a Sergio Los, il cui approccio ha mostrato una netta rottura con lo stile di Carlo Scarpa: pur riprendendo temi come le bordature, la scelta dei materiali e dei dettagli segue un linguaggio indipendente. Nel 2018 Josef Dalle Nogare ha deciso di ampliare Casa Tabarelli sul lotto confinante per creare ulteriore spazio utilizzabile per opere d'arte, piscina e locali tecnici. Il progetto, sotto la direzione dell'architetto Walter Angonese in collaborazione con Flaim Prunster Architekten, rimane fedele all'idea originale di Carlo Scarpa e Sergio Los e continua la sequenza spaziale degli spazi esterni e interni basata sul sistema a pergola. Un approccio ambivalente e contemporaneo a questo tema tipologico offre l'opportunità di una vera e propria costruzione in continuità dell'edificio: da un lato, la variabilità dell'ampiezza degli ambienti e, dall'altro, la riproposizione– attraverso la pianificazione paesaggistica - dell'uso agricolo. Insieme all'architetto paesaggista portoghese Joao Nunes, è stato sviluppato un concetto che incorpora viti, frutteti e siepi come elementi di spicco dell'ambiente circostante. Le complesse norme edilizie dell'Alto Adige hanno posto i vincoli progettuali che hanno portato ad un edificio prevalentemente interrato che si integra armoniosamente nella topografia. Un cancello d'ingresso dal design scultoreo dichiara il nuovo accesso dalla strada e tematizza la sfida topografica dell'elevato dislivello tra il livello della strada e l'edificio esistente, superata all'interno da una rampa a gradini lunga 70 m che collega la maggior parte degli ambienti e lungo la quale si trova un'installazione site-specific di Danh Vō, che conferisce allo spazio distributivo di un'atmosfera museale. Il primo ambiente che si incontra lungo questa rampa è il cosiddetto garage, che svolge due funzioni: Viene utilizzato per il parcheggio, naturalmente, ma spesso anche per conservare le opere della collezione di Josef Dalle Nogare. Un cavedio con una grande scala in acciaio porta luce e aria in quest'area dell'edificio. La rampa si estende fino alla scala di collegamento che termina direttamente nell'edificio esistente (nell'ex locale caldaie). A metà della rampa, una porta conduce sia all'esterno - fino al giardino e alla piscina - sia a uno studio e a una sala polivalente, illuminati dal cortile a patio. Il rivestimento in marmo delle scale esterne richiama un elemento ricorrente del design di Gio Ponti (Scala del Sapere di Palazzo Bo, Padova e scala interna di Villa Planchart, Caracas). Non si tratta di una citazione, ma di portare nel nuovo spazio un livello semantico-individuale dell'architettura - Josef Dalle Nogare è un importante imprenditore dell'industria del marmo -, come era già avvenuto in Casa Tabarelli attraverso gli arredi di design dei precedenti proprietari. L’utilizzo dei “Restlessen” - letteralmente gli avanzi della cena” – nomignolo coniato in fase di progettazione per le parti di sfrido di marmo provenienti dalle lavorazioni della ditta del committente - crea anche formalmente un livello aggiuntivo dell'edificio, altrimenti di puro cemento. La scelta delle superfici in calcestruzzo non è stata facile: Carlo Scarpa in generale e Sergio Los in questo caso - in linea con la cultura edilizia degli anni Sessanta - hanno utilizzato casseforme in tavole. La riproposizione di questa superficie - e indirettamente del linguaggio architettonico di Carlo Scarpa – si è da subito esclusa. Si è quindi optato per una superficie dall'aspetto contemporaneo, con casseforme industriali di grandi dimensioni, evitando intenzionalmente un calcestruzzo con finitura faccia a vista, e optando per una finitura che possa resistere agli agenti atmosferici in modo naturale nel tempo e che sottolinei il carattere topografico degli elementi riprendendo lo stile dei muri di contenimento dei pendii. La “Casa Tabarelli”, la casa storica, deve rimanere protagonista. L'obiettivo era quello di raggiungere uno stato di “non completamente finito” che potesse delegare al passare del tempo, all’utilizzo, e all’inserimento degli interventi site-specific commissionati dal committente agli artisti Marc Camille Chaimowicz, Danh Vō e Michael Kleine il compito di rivelare la nuova presenza innescando un processo di accettazione del nuovo edificio.
Progetti
Tutti i progetti
Casa unifamiliare Edilizia abitativa Edifici sanitari e sociali Architettura degli interni Industria, commercio Sport, tempo libero e benessere Palazzo per uffici Architettura e vino Educazione Agricoltura Turismo & gastronomia Infrastrutture Edifici culturali Progettazione di esterni Edifici sacrali Edifici speciali Edifici storici Edifici pubblici Altro Ristrutturazione
Turrisbabel
Tutti edizioni
100_8. Premio Architettura Alto Adige 2015 095 Turris Babel 094_7. Premio d'Architettura Alto Adige 2013 051_1.Premio d'architettura Alto Adige 2000 057_2. Premio d'Architettura Alto Adige 2002 065_3. Premio d'Architettura Alto Adige 2004 072_4. Premio d'Architettura Alto Adige 2007 078_5. Premio d'Architettura Alto Adige 2009 088_6. Premio d'Architettura Alto Adige 2011 109_II Premio Archilegno 2018 112_Premio Architettura_Alto Adige 2019 126_Turris Babel 127_Turris Babel
Zona
Tutte le zone
Premio di Architettura
Tutte le edizioni
Guida d'architettura
Tutti edizioni
Architetto
Tutti gli Architetti
Studio
Tutti gli studi
Anno di costruzione
Tutti gli anni
aTorna indietro
1743 / 1743
Aprire il filtro
casa Tabarelli
Casa unifamiliare
Architettura degli interni
Altro
Anno di costruzione
Realizzazione 2024
Zona
Oltradige
APPIANO
Tipologia
Nuova costruzione
Standard CasaClima B
Architettura / Progettazione
Studio Walter Angonese mit Flaim Prünster ArchitektenArch. PRÜNSTER QUIRIN
Arch. FLAIM FRANCESCO
Walter Angonese
Collaboratori:
João Nunes, PROAP Landscape Architecture
collaboratori architettura
Roberto Zanini, Martino Stelzer, Francesco Baggio, Jacopo Vantini
